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Negli Stati Uniti di musei che trattino del mondo aeronautico ce ne sono davvero tanti, a suggello di uno dei vanti nazionali. Se ne trovano 2 nella sola Washington DC, oltre quelli sparsi su tutto il territorio nazionale senza contare le tante portaerei della seconda guerra mondiale trasformate in musei galleggianti con annessi velivoli.

Fra tutti spicca sicuramente Il National Museum of the USAF, ovvero il museo storico dell’Aeronautica Militare Americana ubicato nella base di Wright Patterson vicino a Dayton, in Ohio.

Cominciamo con il dire una cosa: è semplicemente sconfinato, immenso, letteralmente senza fine. Se avete intenzione di visitarlo approfonditamente mettete in conto svariate ore. Sopratutto pianificate bene la visita perché in un’area riservata attraverso il bus dedicato, accessibile solo presentando il passaporto, si possono visitare svariati esemplari del celebre Air Force One e un Valkirie (ma bisogna prenotarsi al mattino presto, altrimenti….). E già questo, per gli appassionati di aeronautica, meriterebbe la lunga strada per arrivare sino a Dayton.

Ma il visitatore non può non rimanere estasiato anche di fronte al numero di velivoli, americani e stranieri, in mostra nei tanti hangar collegati fra loro che compongono il museo. Sono letteralmente centinaia, e documentano l’intera storia dell’aviazione militare dai primi anni fino ai tempi più moderni.

Nella sezione dedicata agli albori dell’aeronautica vengono celebrate anche le imprese italiane: forse non tutti sanno che il primo bombardamento della storia avvenne da parte italiana a danno dei turchi, nel 1911.

Ma anche coloro che non sono appassionati di storia militare troveranno davvero interessante l’evoluzione tecnologica del mondo aeronautico, aiutati dalla possibilità di visitare i velivoli all’interno o di passare sotto ai bombardieri con le stive aperte potendone ammirare le peculiarità costruttive.

Quello che davvero mi ha lasciato sbalordito sono i primi velivoli a reazione degli anni ’50. Si nota immediatamente la differenza fra le forme dei velivoli a elica della seconda guerra mondiale, tozze e poco curate, e le nuove fusoliere aerodinamiche disegnate per le alte velocità. E poi i primi calcolatori di bordo, i sistemi di controllo interamente elettromeccanici, e i motori: tutti piccoli capolavori di ingegneria progettati senza l’uso di alcun computer. Solo penna, calcoli e infinita pazienza. Impressionanti, e ancor più impressionante il fatto che alcuni di loro volino ancora!!! Ogni velivoli ha una sua storia, una sua dignità, una sua anima, e il pensiero non può non andare a tutti coloro che hanno avuto il coraggio di pilotarli nelle condizioni più estreme.

Analoga impressione si riceve mentre si osserva il Blackbird, capace di volare a mach 3 a un’altitudine di 26000 metri per fare rilievi fotografici. Un velivolo che ha volato nel 1968!!! Semplicemente incredibile. Una dimostrazione di superiorità tecnologica schiacciante.

Naturalmente nemmeno i bambini sia annoieranno perché, come in tutti i musei americani, esistono spazi dedicati per loro.

Alla fine della giornata sono stato davvero contento di averlo visitato, ma ho mancato la zona ad accesso riservato per cui….ci dovrò tornare un giorno!!