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Oggi pubblichiamo il racconto della giornalista Erika Brenna su San Diego

San Diego, California.
Ne sono innamorata. Dalla prima volta che ho posato i miei piedi in quell’International Airport, situato su una lingua d’oceano, tra Point Loma e la città.

Non è vero ne sono innamorata da prima.

Era il 2001 e appena laureata mi sono regalata il viaggio da Sogno: California. Il pretesto: un corso d’inglese. La ragione: una pulsione, non più evitabile, a mettere piede nella Land of dreams.

Perché San Diego? Avrei potuto scegliere San Francisco. Sì, ma non l’ho fatto. Mi ispirava, ma non fino in fondo. Troppo tortuosa. Troppo impegnata. Avrei potuto scegliere Los Angeles. Ho scartato anche la mecca delle mie passioni: cinema e serie televisive. Troppo caotica.

Ho scelto San Diego seguendo la mia “pancia”, il mio “sentire”: lì dovevo andare. E il mio respiro si quietava. E diventava gioioso. San Diego. La città di confine, la città con una natura immensa che ti si getta addosso, la città che “non sembra di stare negli Stati Uniti” ma che al tempo stesso ne è figlia orgogliosa e patriottica.

San Diego è un mondo di colori, vegetazione e spazi che ti si offrono come un sorprendente regalo che non smetti mai di scartare: è come passeggiare per le vie di Parigi o di Roma, dove non puoi non impressionarti per la magnificenza delle opere d’arte. Al contrario San Diego non ne ha nemmeno una di bellezza architettonica, ma non ne avverti l’esigenza, non te ne faresti nulla: la natura è il vero capolavoro.

Ce n’è per tutti: da Pacific Beach, spiagge cool e non attrezzate (scordatevi gli scempi ansiogeni di lettini e sdraio della nostra Versilia e Riviera romagnola) dove ad ogni torretta è assegnato un vero baywatch, a Mission Beach, lembo di terra e oceano più protetta dai venti, dove si fa jogging, si va con i rollerblades, si gioca a basket, a beach volley, i bimbi imparano a nuotare, le mamme vanno in bicicletta, gli innamorati passeggiano.

Poi c’è La Jolla, -famosissima per le foche e i surfisti-, residenziale e snob, spesso nebbiosa. Non è il mio luogo preferito: è troppo turistica.
Ugualmente turistica ma imperdibile è Coronado: ci si arriva lasciando Downtown e prendendo l’Interstate 5 (la mitica che collega Los Angeles con Tijuana), si esce e si deve attraversare il Coronado Bridge (emozionante da morire). Coronado è la ricchezza fatta a località. Tutto è curato, bello, imponente, elegante (l’eleganza statunitense non ha nulla a che fare con quella europea, ricordatelo, solo così non ne rimarrete delusi): ovviamente meta turistica per eccellenza, ma assolutamente da fare è una visita al Coronado Hotel. Qui Marilyn Monroe interpretò “Someome likes hot” (A qualcuno piace caldo). L’hotel è sempre popolato da turisti e curiosi.

Downtown è piccina – rispetto alla media delle grandi città Usa- e in linea con le altre però è molto vissuta di giorno, ma poco consigliabile la sera, se non the Gaslamp Quarter, il quartiere dei locali. Pochi e non eccezionali.
Se cercate Milano, i suoi locali, gli happy hour, la selezione all’ingresso a San Diego siete nel posto sbagliato. San Diego è molto easy e applica quotidianamente il principio “Stay cool, be light”.
Ed è fantastico. E lo dico da milanese convinta, che ama la sua città e gli aperitivi, e il Parco Sempione e la nevrosi lavorativa.

San Diego è un respiro diverso, è il sorriso delle persone la mattina che, sconosciute, incontrandoti per strada ti dicono “Hi, good morning”. E’ il luogo in cui se ci nasci hai davvero un fortuna sfacciata.

Un piccolo assaggio del mio Amore per questa città, in cui per la quarta volta sono tornata quest’estate e dove – chissà, magari un giorno- vivrò.