Girando per la rete mi sono imbattuto in un gran bel blog, un blog di quelli veri che parlano di storie di vita e cercano di raccontare gli Stati Uniti di tutti i giorni. Per tanti è un sogno, pochi ci provano seriamente e ancora meno sono quelli che ci riescono: la nostra amica Giupy è proprio una di questi, una ragazza che ha avuto il coraggio (e la bravura) di inseguire il suo sogno con grande determinazione.
E’ stata ammessa ad un dottorato di ricerca ed oggi vive serenamente in una piccola cittadina del Colorado. Non potevo non chiederle un contributo per il nostro myusa.it!
Avete presente quel gioco che piace tanto agli psicologi e agli addetti delle risorse umane, in cui ti chiedono due aggettivi per descrivere te stesso, o il tuo lavoro, o la tua vita? Alle volte me lo faccio da sola, quando mi annoio, per esempio durante I viaggi in treno, o aspettando il bus.
Dimmi due aggettivi che descrivano I tuoi ultimi due anni di vita
Mmmmm.. solo due? Ne servirebbero molti di piu’
Si ma devi dirmene due, sono le regole (tendo ad essere intransigente con me stessa)
Ok. Direi… Difficile. Affascinante.
Difficile? Cos’e’ stato difficile?
Be’ e’ stato difficile capire che quello che volevo fare davvero nella vita era un dottorato, e soprattutto convincermi che proprio io, si io, che di solito preparavo caffè e rispondevo al telefono, avevo le carte in regola per farlo. All’inizio nemmeno osavo contattare I professori americani che fino a quel momento vivevano solo come nomi sulla bibliografia della mia tesi.. ma l’ho fatto, e molti mi hanno pure risposto, dei grandi nomi, che scrivevano a me, che avevo studiato in una sconosciuta università pubblica italiana.
E’ stato difficile poi tutta la trafila per mandare l’application. Perche’ se fosse facile essere accettata per un dottorato in America, allora lo farebbero tutti, e’ il lavoro piu’ bello del mondo. Tornare a casa dall’ufficio e studiare la matematica e la geometria solida che avevo evitato come la peste fin dal liceo per il GRE, I vocaboli inglesi per il TOEFL, scrivere uno statement of purpose che fosse convincente abbastanza.. e’ stato tutto complicato. Soprattutto e’ stato difficile ottenere i miei titoli di studio in inglese dalla lentissima burocrazia della mia università italiana (Diploma Supplement? E che e’? Ma perche’ in Inglese? Ah ma se lo vuoi devi pagare 20 euro!) e convincere I miei ex professori a farmi delle lettere di referenze (A no ma lei ha fatto la tesi con Professor X e io le lettere le faccio solo ai miei tesisti. Si gliela faccio ma non ho tempo, va bene tra tre mesi? Scusi ma lei chi e’? ). Ci ho pure scritto un post, su come ho fatto ad essere accettata in un programma di dottorato.
Il difficile vero pero’ e’ arrivato dopo, quando ho ricevuto la mail che aveva come titolo “Admit!”, con tanto di punto esclamativo. Perché un conto è sognare l’America, un conto andarci davvero. Licenziarti, lasciare la casa, salutare gli amici, la famiglia, il fidanzato, e sentire I consigli-non-richiesti di gente che si sente in dovere di dartene (alla tua età? Ma non ti metti un po’ la testa a posto? E una famiglia, quando te la fai? A studiare, ancora, ma che voglia hai?). Fare il visto, cercare casa su Craigslist dall’altra parte dell’oceano, prenotare un biglietto, realizzare che la’ sarai completamente sola, tutto questo fa paura. Ricordo che ero spavalda, dicevo che tutto sommato era solol’America, ma sotto sotto morivo di paura. Perche’ se fosse una passeggiata andare in America ci andrebbero tutti, no?
Anche I primi tempi in Colorado sono stati difficili. Adattarmi a nuove abitudini, convincermi che si, sarei sopravvissuta alle lezioni anche se mi sembravano cosi’ difficili ed erano in una lingua non mia, farmi nuovi amici. E la burocrazia, poi.. ci lamentiamo dell’Italia, ma essere stranieri in USA non e’ molto facile. L’assicurazione medica (Ma com’è possibile che a voi in italia non vi facciano l’antirosolia obbligatoria? Fai subito il vaccino !), le tasse da pagare, la patente che va rifatta, I documenti dell’immigrazione da non perdere per nessun motivo, le file per il Social Security Number, il conto in banca, il cellulare, I mobili da comprare.. I primi tempi sono stati piuttosto frenetici.
Beh ma così sembra tutto TROPPO difficile.. ma chi te l’ha fatto fare? E quando arriva la parte affascinante?
La parte affascinante arriva adesso. Quando ho scoperto di vivere in una cittadina incastrata tra le montagne a due passi dal sole, dove non piove mai, dove la gente ti saluta per strada anche se non ti conosce. Un posto dove ti trovi I cervi in giardino e I procioni che bevono dal ruscello davanti a casa, e pare pure qualche orso volante. Un campus enorme, con tutti gli edifici in mattoni rossi, gli scoiattoli che corrono nei prati, con il teatro, la palestra, il bar, la mensa gigantesca che sembra un ristorante.
E’ stato affascinante anche vedere che l’America da una parte e’ come ci immaginiamo, e dall’altra assolutamente diversa. Ho trovato le feste delle confraternite proprio come avevo visto nei film, e le partite di baseball con birra e hot dog, I pub con il biliardo e le freccette. Pero’ vivo anche in una citta’ dove la gente non asseconda nessuno degli stereotipi che abbiamo dell’America: sono tutti magri, e biondi, non c’e’ MacDonald’s ma un mercato di frutta biologica e cibo vegano, ci sono piu’ palestre di yoga che Starbucks e perfino un’universita’ buddista. Sembra di stare in una bolla, o in un posto finto, una sorta di paese delle fiabe.
E poi e’ affascinante addormentarsi la sera e dirsi da sola sottovoce“wow, ce l’ho fatta, sono una dottoranda in America”. Fare tutto il giorno quello che mi piace, essere pagata per farlo, e avere dei professori che mi ascoltano quando parlo, che sembrano quasi credere in me, proprio io, ignorata perfino dal mio relatore della specialistica (No guardi lo so che oggi c’e’ ricevimento ma non ho tempo. Mi è piaciuto il capitolo 5.. ah ne ha fatti solo 4? Scusi ma lei chi è?). All’inizio avevo paura a parlare in classe, anche perché eravamo solo quattro o cinque, poi pero’ e’ diventato più naturale .. ci sono stati dei momenti in cui pensavo perfino di dire cose intelligenti. E presto forse inizierò anche ad insegnare ed avere dei miei studenti. E’ stato bello vedere quanto ho imparato, quanto sto imparando, e poi, improvvisamente, scoprire di essere sopravvissuta al primo anno.
E sono stati affascinanti I viaggi che ho potuto fare, I grattacieli di New York, I tram di San Francisco, il porto e il mercato a Seattle, le strade del Colorado immense e vuote, I paesini della provincia che ti ricordano I film di cowboy, le montagne innevate d’inverno, il cielo sempre azzurro d’estate.
Continuiamo il gioco.. dimmi due aggettivi per descrivere l’America
E no, questo proprio non lo posso fare! L’America e’ troppo grande, troppo complicata per poterla descrivere, e io ne so ancora troppo poco. Oltretutto la chiamo America ma dovrei dire Stati Uniti, perché l’America e’ cosi’ grande, c’e’ anche il Canada, e il Messico, e I Paesi latini, che ancora non ho visto ma che prima o poi visiterò. E gli Stati Uniti non sono per nulla omogenei..Il Midwest è totalmente diverso dalla costa est che a sua volta e’ diversissima dalla costa ovest. Lo yuppie di New York non ha nulla in comune con il mormone dello Utah o il redneck del Texas. Ci sono persone che l’America l’adorano, che credono nel sogno Americano, in tutte le opportunità che offre. Che amano l’intraprendenza degli Americani, il loro mostrare entusiasmo per le cose, il loro stile di vita che a volte sembra meno complicato. Poi c’è chi l’America la critica di continuo, che dice che il sistema scolastico e il sistema sanitario funzionano male e sono solo per ricchi, che le città non hanno storia. Che gli Americani sono ignoranti e tutto sommato falsi, che non ci si può fare dei veri amici, che il cibo è cattivo e malsano. Io mi pongo un po’ nel mezzo. Non voglio dare giudizi sull’America, so solo che ci vivo, al momento ci sto bene, mi piace, supero le difficolta’ che sono sempre tante, mi godo gli aspetti affascinanti.
E due aggettivi per descrivere il tuo futuro?
Incerto, perché non ho idea di dove finirò. Ma positivo, anche , perché sono veramente curiosa di vedere che succederà.
Giupy e il suo blog giupyincolorado.blogspot.it